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Francia o Spagna, e quando se magna?


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Gomme e acciaio. Il mondo reale racconta di un’Europa sempre più in uscita, incapace di fare gli interessi di famiglie e imprese. Nei settori strategici, i posti di lavoro sono sempre più a rischio. Gli ultimi esempi di pessime pratiche arrivano da Francia e Spagna (purché se magna, si diceva una volta). Nell’Esagono l’imperativo è “esternalizzare”, come se non ci fosse un domani. E infatti non ci sarà per almeno 636 dipendenti di ArcelorMittal, che nei giorni scorsi ha annunciato la chiusura di sette stabilimenti nel nord della Francia: Dunkerque, Florange, Basse-Indre, Mardyck, Mouzon, Desvres e Montataire, che impiegano complessivamente 7.100 persone. I sindacati parlano di progettoincoerente e incomprensibile”, e di ennesimo colpo mortale per la siderurgia europea. Se volevano distruggere un’azienda non potevano fare di meglio che decidere di esternalizzare in Asia, commentano alcuni delegati sindacali. Ma se crolla Arcelor, dicono, crollerà l’intera industria nel nord della Francia. Sarà, assicurano, “uno tsunami industriale e sociale”.

Al netto di quanto annunciato, il piano dell’azienda resta in questa fase poco chiaro. Secondo quanto riporta la Cfe-Cgc, ArcelorMittal ha presentato cifre piuttosto generiche, comprese le posizioni che saranno eliminate e parzialmente ricollocate. Per il momento, non ci sono dettagli specifici su chi andrà e dove. Anche il segretario del Comitato aziendale europeo, Jean-Luc Ruffin (Confédération générale du travail, Cgt), teme per il futuro: “Cominceranno esternalizzando le funzioni di supporto e domani sarà tutta la produzione a essere esternalizzata”, afferma. Un film già visto, e che continua a fare “cassetta”. La decisione di ArcelorMittal, si fa notare, arriva in un momento “già cupo”, in cui la sovra capacità produttiva cinese a basso costo sta monopolizzando il mercato europeo. Dal Ministero dellIndustria francese ricordano che lo Stato aveva promesso un aiuto di 850 milioni di euro per il suo progetto di investimenti da 1,8 miliardi, a condizione che questo vedesse effettivamente la luce.

“Stiamo lavorando a stretto contatto con la dirigenza di Arcelor per garantire che questi progetti si concretizzino nei prossimi mesi”, rileva il ministro Marc Ferracci. La decisione di Arcelor ha scatenato non poche reazioni politiche di tutto l’arco costituzionale: sono accusa sono l’atteggiamento e l’ambiguità dellazienda. “È ora che il gruppo ci dica quando verranno effettuati questi investimenti. Sono l’unica garanzia che l’acciaio continuerà a essere prodotto qui”, scrive Xavier Bertrand, presidente di Les Républicains per la regione Hauts-de-France, su X. Bertrand chiede “impegni sul futuro dei siti ArcelorMittal in Francia e che i dipendenti che perderanno il lavoro siano davvero rispettati”, con piani sociali di formazione e riqualificazione adeguati. O Arcelor “si impegna a investire in Francia, a trasformare i suoi altiforni, oppure dobbiamo nazionalizzare queste aziende”, fa sapere Fabien Roussel, del partito comunista francese, rilevando che “la guerra dell’acciaio è iniziata”. Per il sindaco di Florange (Moselle) i licenziamenti decisi sono il simbolo della cattiva salute della siderurgia francese ed europea, “che hanno un problema normativo e ambientale”. Il progetto ArcelorMittal “è un vero e proprio monito su ciò che si dovrebbe fare per una vera reindustrializzazione”.

In Spagna è altissima tensione tra sindacati e Bridgestone, dopo l’annuncio della multinazionale giapponese degli pneumatici di licenziare 546 persone. I tagli riguardano 335 lavoratori dello stabilimento di Basauri e 211 impiegati a Puente San Miguel. I sindacati hanno iniziato a fine aprile una serie di scioperi a oltranza che stanno bloccando la produzione nei due siti interessati. L’azienda ha informato nei giorni scorsi i sindacati della decisione di agire sull’occupazione in risposta ai “profondi cambiamentiin atto nel mercato europeo degli pneumatici e all’esigenza di adattare la struttura produttiva dell’azienda. In una dichiarazione congiunta firmata dalle sezioni sindacali dell’azienda Ccoo, Ugt, Bup, Sitb ed Ela, si descrive la scelta come “ingiustificata, immorale, inaccettabile e sproporzionata”. I sindacati parlano, inoltre, di “aberrazione” e accusano la multinazionale di agire in modo “incompetente”. Considerano, inoltre, “inaccettabile” che gli stabilimenti di Bridgestone Spagna “siano ritenuti responsabili dei problemi di produzione europei”, quegli stessi stabilimenti, cioè, “che hanno sopportato i tagli alla produzione con adeguamenti salariali, lasciando poco o nessun impatto sul resto dei centri di lavoro della Bridgestone in tutta Europa”.

L’azienda, continuano i sindacati, ha agito in manierapremeditata”, violando la buona fede e “mancando di rispetto alla rappresentanza legale dei lavoratori e dell’intera forza lavoro”. I dipendenti stanno protestando, in questi giorni, anche presso la sede del governo della Cantabria, regione autonoma della costa nord, in cui ha sede lo stabilimento di Puente San Miguel: dalle trattative, fanno sapere i sindacati, emergono progressi molto limitati. Nel sito di Sauri, invece, le cose vanno ancora peggio: dirigenti e sindacalisti non hanno trovato l’accordo sull’Ere, il fascicolo sulla regolamentazione del lavoro, finalizzata appunto a ottenere l’autorizzazione a sospendere o risolvere i rapporti di lavoro al ricorrere di determinate cause e a garantire i diritti dei lavoratori.

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Le parti hanno tempo fino ai primi di maggio per trovare un accordo, ma nel frattempo le organizzazioni del lavoro si stanno organizzando per avviare nuove mobilitazioni e, nel caso, inasprire gli scioperi. Il ministro dell’Industria della Cantabria, Eduardo Arasti, ha espresso la “necessità che Bridgestone si impegni in nuove linee di business affinché il numero di licenziamenti nello nostro stabilimento sia minimo”. Da parte sua, Ahmed Boualam, vicepresidente della produzione di Bridgestone e responsabile della produzione per America Latina, Stati Uniti, Europa, Medio Oriente e Africa, assicura che l’azienda studierà questa possibilità e ha indicato che le cause dei licenziamenti sono dovute al “drastico calo delle vendite”, problema considerato “non più temporaneo ma strutturale”. Bridgestone chiarisce che non ha intenzione di chiudere gli stabilimenti spagnoli, ma i sindacati chiedono garanzie scritte su un piano industriale che garantisca posti di lavoro.

Aggiornato il 05 maggio 2025 alle ore 13:03



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